Dintorni

Museo Archeologico Nazionale (CH)

Villa Comunale, 3

Museo delle Genti

Pescara

Abbazia di San Giovanni in Venere

Fossacesia

Abbazia di San Liberatore

Majella

Roccascalegna

Il borgo e il castello

Il castello di Crecchio

  

Parco Nazionale della Majella

  

Parco Nazionale d'Abruzzo

  

Parco Nazionale del Gran Sasso

  

Grotte del Cavallone

  

Costa dei Trabocchi

  

Museo archeologico nazionale d'Abruzzo

Il Museo archeologico nazionale d'Abruzzo è allestito all'interno della Villa Comunale, a Chieti, detta Villa Frigerj. Ospita la più importante raccolta archeologica abruzzese che documenta la cultura dell'Abruzzo antico dalla protostoria alla tarda età imperiale, ed una raccolta numismatica di monete dal IV al XIX secolo. Dal dicembre 2014 il museo è in gestione al Polo museale dell'Abruzzo. Il museo è ospitato in una villa in stile neoclassico fatta costruire intorno al 1830 dal barone Ferrante Frigerj su progetto di Enrico Riccio. L'edificio venne poi ceduto al Comune di Chieti, che intorno ai primi anni del Novecento ne fece la sede dell'istituto tecnico Ferdinando Galiani. Dopo la seconda guerra mondiale la villa fu ceduta dal Comune al Demanio, e, nel 1959, per volere dell'allora Soprintendente Valerio Cianfarani, venne inaugurato il museo, alla presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Nel 1984 il museo ha subito una ristrutturazione - dovuta all'acquisizione di nuovi reperti e alle numerose donazioni da privati - che ha portato all'allestimento attuale.
Visitabile dalle 9.00 alle 19.00. Visite guidate su prenotazione (Tel. 0871.349968 0871.330955).

Museo delle genti d'Abruzzo

Il museo è ospitato nei locali rimasti della fortezza di Pescara, costruita a partire dal XVI secolo. Nacque il vero e proprio museo nel 1973, quando furono allestite delle mostre nel piano inferiore del Museo casa natale Gabriele D'Annunzio. Nel 1982 viene donata la maggioranza del patrimonio al comune di Pescara, che il 13 marzo 1998 inaugura il museo nella sua sede attuale. All'interno sono contenuti reperti e testimonianze della vita abruzzese, dalla Preistoria alla Rivoluzione Industriale.
www.gentidabruzzo.it

Abbazia di San Giovanni in Venere

L'abbazia di San Giovanni in Venere si trova nel comune di Fossacesia, su una collina prospiciente il mare Adriatico a 107 m s.l.m. Il complesso monastico di San Giovanni in Venere è composto da una basilica e dal vicino monastero, entrambi costruiti all'inizio del XIII secolo in luogo del piccolo monastero preesistente (vedi il capitolo sulla Storia). La posizione è molto panoramica: è su di una collina che domina la costa vicina per diversi chilometri verso nord e verso sud. Dal dicembre 2014 il sito è in gestione al Polo museale dell'Abruzzo. La chiesa presenta la struttura classica delle basiliche di stile cistercense, con tre navate separate da archi ogivali e soffitto di legno. La facciata principale presenta il portale della Luna, tutto in marmo, decorato con altorilievi e con materiali antichi di recupero. Sul lato sud si trovano il portale delle Donne (ingresso laterale, è quello comunemente usato), anch'esso adorno di decorazioni marmoree, ed il campanile mozzato, le cui feritoie tradiscono l'uso di torre difensiva che ne fu fatto. Opposte alla facciata principale, si trovano tre absidi, la cui decorazione ad archi e bifore rivela un certo gusto arabeggiante. Sotto l'altare maggiore si trova la cripta, in cui fanno bella mostra di sé delle colonne di epoca romana. Le absidi sono decorate da affreschi del Duecento. Sotto l'ingresso principale è un altro locale, ricavato nel Duecento dai resti dell'abside dell'antica chiesa paleocristiana.

Abbazia di San Liberatore

L'Abbazia di San Liberatore alla Maiella, ubicata nel comune di Serramonacesca in provincia di Pescara, è uno dei più antichi monasteri dell'Abruzzo e monumento nazionale dal 1902. La fondazione di questa abbazia viene fatta risalire all'opera di Carlo Magno (di cui la chiesa conserva raffigurazione in un frammento di affresco); in realtà possediamo solo una falsificazione in forma di copia semplice dell'anno 798, confezionata alla metà del XII secolo, nella quale Carlo Magno su domanda dell'abate Teodemaro di Montecassino conferma allo stesso monastero cassinese i beni e le immunità, tra i quali la chiesa di S. Liberatore, già a lui conferiti da suo padre Pipino e da Carlo, fratello di quest'ultimo. La prima attendibile testimonianza documentaria circa S. Liberatore è il Memoratorium dell'abate cassinese Bertario (856-883), una delle cui redazioni è contenuta nella Cronaca cassinese di Leone Ostiense, dove sono indicate le ormai numerose pertinenze liberatoriane (terre, chiese, monasteri).

Roccascalegna

Roccascalegna è un piccolo centro di 1.400 anime, situato sulle colline che circondano il fiume Sangro. Con tutta probabilità, i fondatori di Roccascalegna furono i Longobardi che, a partire dal 600 d.C., occuparono stabilmente l'attuale Molise e l'Abruzzo meridionale, dopo essere discesi dall'Italia settentrionale. Conseguenza di ciò fu l'allineamento delle guarnigioni Bizantine sulle rive dell'Adriatico. Nella logica di tale conflitto si spiega la costruzione della Torre d'Avvistamento, prima, e del Castello, in seguito, sull'imponente ammasso roccioso che domina la valle del Rio Secco (affluente dell'Aventino) proprio ad opera dei Longobardi. Una volta finite le ostilità tra i due popoli, escludendo una nota di carattere contabile del 1320, non troviamo nessuna fonte storiografica che parli del Castello di Roccascalegna sino al 1525. In tale anno possiamo rilevare una descrizione della struttura restaurata del Castello, in ottemperanza alle nuove esigenze necessarie con l'avvento delle armi da fuoco. Un ulteriore atto notarile descrive il restauro della gradonata d'accesso del Castello di Roccascalegna, ma ormai siamo già nel 1705. Dal 1700 il Castello di Roccascalegna ha conosciuto tre secoli di abbandono, nei quali lo stesso è stato preda delle intemperie e dei saccheggi della popolazione locale, sino alla donazione al Comune di Roccascalegna, avvenuta nel 1985, da parte dell'ultima famiglia feudataria, ossia quella dei Croce Nanni. Immediatamente sono iniziati i lavori di restauro che hanno riportato il Castello di Roccascalegna al suo antico splendore nel 1996.

Il castello di Crecchio

L'antica fortezza di Crecchio è un edificio a pianta regolare quadrangolare con quattro torri posti agli angoli. La muratura è realizzata in pietrame squadrato su una sola faccia, impilata, con blocchi di arenaria compatta ben squadrata agli angoli. Gli spessori delle mura variano da circa 1,80 a 0,80 metri. La torre di avvistamento, la più antica, più grande ed alta delle altre tre, rappresenta una tipica torre normanna del XII secolo, e, fino al 1943, era sormontata da merli irregolari, a testimonianza della sua funzione difensiva. La torre è detta dell'"ulivo", ed è formata da tre livelli. Il piano terra era destinato a deposito per viveri ed era accessibile solo attraverso una botola ubicata al primo piano. L'accesso al primo piano invece era possibile solo attraverso una scala a levatura che si andava a chiudere in caso di attacco. L'accesso al piano superiore ed al piano esterno di avvistamento era possibile solo attraverso una stretta scala a chiocciola in pietra che salendo gira a destra; tale accorgimento, utilizzato nelle costruzioni strettamente militari, avvantaggiava i soldati posti a difesa, in quanto, chi attaccava era costretto a portare le armi con la mano sinistra. Oggi nel castello di Crecchio è possibile visitare il Museo Archeologico dell'Abruzzo Bizantino e Altomedievale nato grazie alla preziosa e fattiva collaborazione fra istituzioni e volontariato. Il Museo espone oggetti rinvenuti durante i campi di ricerca che l'Archeoclub d'Italia sede di Crecchio ha condotto, dal 1988 al 1991, in stretta collaborazione con la Soprintendenza Archeologica dell'Abruzzo, sul sito di una villa romano-bizantina scoperta in località Vassarella di Crecchio. Vi sono inoltre altri reperti ostrogoti e longobardi provenienti dal territorio abruzzese, che insieme riescono a ricostruire la vita dei Bizantini in Abruzzo, la guerra contro i goti, le vicende che riguardarono la zona costiera tra fine del VI e l'inizio del VII secolo. Il percorso espositivo ospita la sala Alberto Carlo Fraracci che espone invece una collezione etrusca, donata all'Archeoclub d'Italia sede di Crecchio nel 1995. La sezione storica del museo è dedicata alla storia del castello. Gli anni d'oro del Castello Ducale di Crecchio torneranno a vivere anche attraverso una eccezionale documentazione fotografica che conferma il Castello di Crecchio come meta e rifugio di sovrani, principi e personalità che hanno segnato un'epoca della nostra storia.

Parco Nazionale della Majella

Il Parco nazionale della Maiella, istituito nel 1991, è uno dei tre parchi nazionali dell'Abruzzo compreso tra le province di L'Aquila, Pescara e Chieti. È uno dei 24 parchi nazionali italiani con la peculiarità di presentarsi compatto dal punto di vista territoriale. Infatti, la sua area si raccoglie attorno al grande massiccio calcareo della Majella e alle montagne del Morrone ad ovest e ai monti Pizi e Porrara ad est. La maggiore vetta compresa nell'area del parco è quella del monte Amaro (2.793 metri). Nel parco sono state censite oltre 2.100 specie vegetali che rappresentano all'incirca un terzo di tutta la flora italiana; alcune specie sono state per la prima volta identificate dai botanici proprio in loco. Le specie animali sono invece oltre 150, tra cui posto di rilievo spetta al piviere tortolino. All'interno del parco si trovano ben sette riserve naturali statali e alcuni beni d'interesse culturale, tra i più rilevanti d'Abruzzo.

Parco Nazionale d'Abruzzo

Il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise è un parco nazionale compreso per la maggior parte (3/4 circa) in provincia dell'Aquila in Abruzzo e per il rimanente in quella di Frosinone nel Lazio ed in quella di Isernia nel Molise. Fu inaugurato il 9 settembre 1922 a Pescasseroli, attuale sede e direzione centrale del parco, mentre l'ente omonimo era stato già costituito il 25 novembre 1921 con direttorio provvisorio. La sua istituzione è avvenuta ufficialmente con il Regio decreto-legge dell'11 gennaio 1923. Il Parco nazionale d'Abruzzo, insieme al Parco Nazionale del Gran Paradiso, è uno dei più antichi parchi d'Italia noto a livello internazionale per il ruolo avuto nella conservazione di alcune tra le specie faunistiche italiane più importanti, quali il lupo, il camoscio d'Abruzzo e l'orso bruno marsicano, nonché per le prime e numerose iniziative per la modernizzazione e la diffusione localizzata dell'ambientalismo. è ricoperto da boschi di faggio per circa due terzi della sua superficie. Si estende prevalentemente in territorio montano e pastorale, dove non è praticabile la coltura della vite e dell'olivo, sconfinando nel piano delle colture nella valle del Giovenco e in Val di Comino. Il parco è raggiungibile dalla Marsica orientale (uscita di Pescina dell'A25) e dall'Alto Sangro attraverso la Strada statale 83 Marsicana che lo attraversa da nord a sud-est toccando centri turistici come Pescasseroli, Opi, Villetta Barrea, Civitella Alfedena, Barrea e Alfedena. Accessi secondari provengono da Cocullo (A25) attraverso la Strada statale 479 Sannite passando per la Valle del Sagittario e Scanno-Passo Godi, e dal territorio laziale attraverso il valico di Forca d'Acero e l'omonima Strada Statale 509.

Parco Nazionale del Gran Sasso

Il Gran Sasso (o Gran Sasso d'Italia) è il massiccio montuoso più alto degli Appennini continentali, situato nell'Appennino centrale, interamente in Abruzzo, come parte della dorsale più orientale dell'Appennino abruzzese, al confine fra le province di L'Aquila, Teramo e Pescara. Confina a nord con i territori di Fano Adriano, Pietracamela, Isola del Gran Sasso d'Italia, Castelli e Arsita, a est con le Gole di Popoli, a sud-ovest direttamente con la piana di Assergi, più a valle con la Conca aquilana e la Valle dell'Aterno, a sud è limitato da Campo Imperatore e a valle dalla Piana di Navelli, mentre a ovest-nord-ovest confina con la catena dei Monti della Laga e il Lago di Campotosto, da questi separato dall'alta Valle del Vomano e la Strada statale 80 del Gran Sasso d'Italia che l'attraversa. Il Gran Sasso d'Italia è un'area ambientale tutelata con l'istituzione del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Dai suoi punti più distanti, ovvero il Passo delle Capannelle a nord-ovest e le Gole di Popoli a sud-est, il Gruppo del Gran Sasso misura circa 50 km in lunghezza e 15 km in larghezza con un perimetro di circa 130 km. Orientato da nord-ovest e a ovest a sud-est, come la grande maggioranza dei gruppi montuosi appenninici e preappenninici, ma con caratteristiche ben più aspre di alta montagna, consta di due sottocatene principali parallele: la prima, più settentrionale e più aspra, si estende dal Monte Corvo (2623 m; nord-ovest) al Vado di Sole (sud-est). La sottocatena meridionale, meno elevata e aspra, si estende dal Passo delle Capannelle e dal Monte S. Franco (2132 m; nord-ovest) al Monte Capo di Serre (1771 m; sud-est). Al di là di questa zona centrale vi è un'ampia zona sud-orientale, chiamata dei "contrafforti meridionali". Questi sono caratterizzati da numerosi rilievi meno elevati: Monte Ruzza (1643 m), Monte Bolza (1904 m), Monte Camarda (1384 m), Monte Cappucciata (1802 m), Monte Picca (1405 m) e molti altri, fino alle Gole di Popoli. Le cime maggiori si trovano nella sottocatena settentrionale: il Corno Grande - che consta di quattro vette principali: quella orientale (2903 m), la centrale (2893 m) il torrione cambi (2875 m) e la maggiore, quella occidentale (2914 m, che è anche la vetta più alta di tutti gli Appennini continentali) - e il Corno Piccolo (2655 m). Incastonato dentro una conca e protetto dalle quattro vette che costituiscono il Corno Grande si trova il Ghiacciaio del Calderone, il secondo ghiacciaio più meridionale d'Europa.

Grotte del Cavallone

Fu nell'anno 1704 che avvenne la prima esplorazione della grotta ad opera di Jacinto de Simonibus, Donat'Antonio Francischelli e Felice Stocchetti, benché la prima traccia di una esplorazione sia la data 1666 incisa, insieme ad altre più recenti, su un masso sito nell'antro d'ingresso. Nel 1893 con la costituzione della Società delle Grotte del Cavallone e del Bue, inizia la valorizzazione turistica della cavità, realizzando il sentiero di accesso scavato nella viva roccia, nei punti più pericolosi del percorso ipogeo vennero collocate delle scale in legno, i cui resti sono ancora visibili. Nel 1904 Francesco Paolo Michetti, per il secondo atto della tragedia pastorale La figlia di Iorio di Gabriele d'Annunzio, realizzò la scenografia ispirandosi all'antro d'ingresso della grotta del Cavallone. Sull'onda del successo dell'opera dannunziana la grotta venne anche chiamata della Figlia di Jorio e richiamò l'attenzione di numerosi visitatori, molti dei quali la descrissero in termini fantasiosi. Lo speleologo Luigi Vittorio Bertarelli fece una ricognizione stimandone le reali dimensioni, mentre nel 1912 lo speleologo friulano G.B. De Gasperi effettuò le prime osservazioni geomorfologiche. La grotta fu utilizzata, dopo la distruzione sistematica del paese nel corso della seconda guerra mondiale, nell'inverno 1943-44 quale rifugio per molti abitanti di Taranta Peligna. Utilizzata come rifugio per gli abitanti tarantolesi durante la seconda guerra mondiale nel periodo tra dicembre 1943 e febbraio 1944 (all'interno sono ancora visibili le firme dei rifugiati), fu oggetto di nuove esplorazioni da parte degli speleologici a partire dagli anni'50. Una funivia permette oggi di raggiungere l'ingresso della grotta dalla strada del fondovalle che si dirama a circa sei chilometri nella Val di Taranta Peligna. La funivia parte in località "pian di valle" a circa 750 metri slm ed arriva a quota di circa 1300 metri slm, sempre nella valle di Taranta.

Costa dei Trabocchi

La costa dei Trabocchi corrisponde a un tratto di litorale Adriatico della provincia di Chieti (Abruzzo) segnato dalla diffusione del trabocco, macchina da pesca su palafitta. È un tratto di costa famoso in tutta Italia per la sua bellezza naturalistica e per la sua eterogeneità: ognuno dei paesi della Costa mantiene infatti le proprie caratteristiche e tradizioni. Si estende lungo la via della Strada statale 16 Adriatica, e si snoda dal territorio di Ortona fino a Vasto. I due comuni rappresentanti sono Fossacesia e San Vito Chietino. La costa non si presenta omogenea nei vari tratti che la compongono, ma, al contrario, muta notevolmente d'aspetto. Vi sono tratti di spiaggia bassa e sabbiosa (come a Francavilla, Ortona, nell'ultimo chilometro a sud della costa di Torino di Sangro in corrispondenza del lido Le Morge, Casalbordino, Vasto e San Salvo) e tratti a ciottolame (a Fossacesia, nella maggior parte della costa di Torino di Sangro, Vasto), oltre a tratti alti e rocciosi (a San Vito Chietino, Rocca San Giovanni e Vasto). La fascia costiera si fa strada tra vallate e colli che, terminando sul mare, danno vita a paesaggi e ambienti naturali di vario genere. Dal punto di vista urbanistico, l'impianto urbano di questo tratto di litorale non condivide i caratteri di continuità e linearità proprio della cosiddetta città adriatica che si sviluppa in maniera più o meno continua da Ortona fino a Rimini anche se fenomeni di "francavillizzazione" in corso non mancano.